Nei primi anni del novecento sicuramente i tre settori primari e trainanti dell’economia del Paese sono stati, l’agricoltura, l’artigianato e il pascolo.
Tre settori trainanti che hanno per decenni dato ai cittadini di Cerro al Volturno la possibilità di poter crescere e vivere degnamente ma,con il passare del tempo e con l’aumento della popolazione il terreno non è riuscito più a sfamare la popolazione e tanta gente tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 ,per consentire ai propri figli una vita adeguata alle richieste sociali e culturali del tempo, sceglie l’emigrazione.
Per non dimenticare ripercorriamo una breve vita della cultura contadina del paese dove gli strumenti di lavoro erano tutti legati alle braccia.
Il territorio del paese possiamo dividerlo i tre parti: il pianoro di Santa Croce e la Spina come coltivazione montana, altezza media s.l.m. di 1000 metri circa, il territorio a valle confinante con le frazioni – altezza media quasi la metà di quella montana- e poi tutta la parte di Monte Santa Croce dedicata al pascolo.
Tra i tanti attrezzi utilizzati per l’agricoltura ne riportiamo solo alcuni, quelli più significativi:
“pertecara” (aratro) con i suoi componenti, “sarrecchia” (falce), “favecione” (falcione) “forca”, “uviglje” due aste di legno legate all’estremità con un cuoi che servivano per far spulare i cereali (oggi sostituiti dai pulitori in acciaio) , mentre per la lavorazione del legno si utilizzava il “trengature”, la “ccétta” (ascia grande), “ccettòla”(ascia media) , “runge” (roncola) e altri attrezzi vari. Per il trasporto il mezzo primario era l’asino e per chi era più ricco il mulo oggi paragonabile il primo al camioncino l’altro ad un autotreno .
Il modernismo e la richiesta da parte dei giovani di condurre una nuova vita socio-culturale e moderna ha cambiato il nostro modo di vivere e di lavoro. Il nostro territorio montano non ha consentito di sfruttare e utilizzare le nuove tecniche e le nuove attrezzature di lavoro ed ecco che molti terreni sono rimasti incolti e utili per i pochi allevatori e coltivatori ancora legati alle tradizioni.
Fiorente e molto presente a Cerro al Volturno l’artigianato. Complessivamente possiamo dire che le aziende e i servizi presenti a Cerro soddisfacevano in pieno la richiesta dei cittadini. Erano presenti diversi mulini per la macina dei cereali, addirittura uno lo chiamavano “mulino a vento” ,diverse le botteghe dei calzolai, i fabbri quasi tutti addetti alla produzione, riparazione degli attrezzi agricoli e alla ferratura degli asini e cavalli. Oleifici con macine ad acqua, cantine per la vendita dei prodotti locali, falegnamerie e tanti altri laboratori legati alla vita economica e sociale del momento. Per la trebbiatura si utilizzavano i buoi e gli asini, legati a coppia con un attrezzo chiamato “jùve”. Il posto per la trebbiatura era un’ara attrezzata per tale lavoro dove si facevano girare a cerchio o la coppia di buoi o di asini e dopo tanto calpestio riuscivano a “trescare” (trebbiare) e quindi a spulare il cereale. Per avere il prodotto finito bisognava “scamare” (separare il grano dai residui della spiga) e poi passarlo al setaccio.
L’allevamento del bestiame si basava principale sui bovini e ovini. I bovini oltre alla produzione del latte e i formaggi servivano per arare i terreni e per la riproduzione e vendita dei vitelli. A differenza dei bovini con le pecore , per la peculiarità geografica del territorio, bisognava utilizzare altre aree per il pascolo ,durante il periodo freddo dell’anno -da metà ottobre alla metà di aprile (dipendeva anche dalla stagione come si presentava) bisognava fare la transumanza, spostamento periodico delle mandrie nei territori più caldi durante i mesi invernali. Oggi sono rimaste solo le coltivazioni eccellenti come la patata della “Spina” i fagioli e i pomodori di Santa Croce, le carni genuine ,l’olio, i formaggi caprini e pecorino e tanti frutti che la terra ci dona come il tartufo bianco e nero, la cicoria di montagna e i funghi pregiati delle montagne incontaminate.